Lettera aperta senza immagine in evidenza

Inizio seriamente con una formula magica

Fratelli, sorelle, amici e nemici, inizio seriamente con una formula magica: con la poesia diventerò un’abat-jour! Davvero? Le persone che hanno accettato la poesia, e la sua guida sul sentiero, sono spesso state le prime a fare luce quando il silenzio stava mortificando una stanza, una piazza, una società. Gli unici a considerare la danza di un’ombra come medicina naturale per riequilibrare il flusso dei proprii pensieri. I soli ad aver capito che il sole e le stelle non sono poi così distanti da noi, dai nostri dialoghi, dai nostri freddi guanti bianchi. Ravaniamo quotidianamente dentro spazzature mentali per ritrovare un segreto o un ricordo che ci possa regalare un attimo di calore. In trentaquattro anni di vita ho imparato a non prendermela con chi non ha interesse per la poesia, forse perché sto incominciando a rifiutare libri che vogliono prestarmi, forse gli occhiali, che uso solo per leggere, non sono più in grado di aiutarmi, forse perché mi sono stufato di recitare i miei versi, adesso vorrei che qualcuno li toccasse, li accarezzasse, o che li schiacciasse con una pedata. Io sono i miei versi. La poesia è uno strumento solista nel complesso di colpa, nella coscienza e nell’inconscio della maggior parte dei profani in questo paese. La gente la riconosce con una P maiuscola, come qualcosa che fa parte del bagaglio culturale di ogni italiano – Perché l’Italia ha questo e quell’altro in più – Non abbiamo che montagne di libri, rimandi e citazioni, ma quanta immaginazione ci rimane? L’acqua ed il cielo sono ancora i nostri specchi primordiali? Che cosa conserviamo gelosamente? Come facciamo a tenerci tutto questo nella nostra testa quando c’è qualcuno di fianco a noi che sta lentamente morendo di noia?
Quindi la poesia è un artefatto, una tavola Ouija, una marionetta, una canzone mentre si fa l’amore, l’oggetto più magico in camera, il nostro corpo. Le luci artificiali dell’industria, della pubblicità, della moda, delle tradizioni, delle manipolazioni libere dell’estetica, dei club, hanno colori codificati e imposti dalla società.

Per il momento accendo questa candela.

Davide Bava

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